CAMPOBASSO 'Polpetta' e Antonello Toti, la città piange due fuoriclasse

su I Fatti del Nuovo Molise                                                                                 18 aprile 2012di Maurizio Cavaliere
Dopo Piero ‘Polpetta’ è andato via Antonello Toti. In due giorni Campobasso ripiomba indietro di anni, si ferma, sgomenta, impaurita. Orfana di due personaggi che erano in modi differenti padri di una, e nel caso di Antonello, diverse generazioni di giovani. La botta è forte, fortissima per i familiari e per chi li conosceva bene. Piange pure lo sport regionale perchè quando perdi un punto di riferimento ti trovi immediatamente disorientato. Quando ne perdi due in poche ore sei scioccato e non riesci più a distinguere la strada che hai davanti. 

Antonello e Piero erano accomunati da diverse prerogative: l’amore per la loro città, l’estro, il mestiere e una personalità straripante che ne ha fatto due ‘fari’ per gran parte della nostra gente. Ma soprattutto erano due campobassani che guardavano oltre i confini della povera (di idee e di fortuna) terra molisana,
che con un paio di mosse trasformavano l’impossibile in possibile, nel caso di Polpetta e della sua birreria, e il sogno nella realtà, parlando di Antonello. Quest’ultimo ha fatto miracoli per lo sport, per la società e il Molise in generale. ‘Polpetta’ è stato l’emblema del molisano capace di edificare dal nulla il più accogliente e gettonato luogo di aggregazione della città. Scrivere qualcosa oggi, dopo due colpi così forti, è complicato, doloroso. I ricordi si moltiplicano, appannati dalle lacrime, perché Piero e Antonello erano soprattutto due amici.
Li ho conosciuti più o meno nello stesso periodo. Antonello lo vidi per la prima volta in tribuna coperta, al Vecchio Romagnoli, nell’ultima annata della gestione Falcione. Siamo tra il 1980 e il 1981 e con mio zio comincio a esplorare il mondo del pallone, fantastico, a sfumature rosse e blu. Seduti attorno a me personaggi bizzarri dall’aneddoto forte, anche troppo per un bambino che non ha neanche dieci anni. Ce ne sono di più grandi, tra i quali i compianti Paolo Albino, Giudice sportivo, e don Lello Spagnuolo, presidente della Figc provinciale. E poi spicca un giovane, sornione e sorridente con una singolare, forbita parlantina dall’irresistibile inflessione campuasciana, e la battuta al peperoncino.
E’ l’inimitabile Antonello Toti, che da quel periodo magico – sono gli anni della scalata vincente alla serie B – per personalità, simpatia e competenza calcistica, diventa uomo simbolo del football di casa nostra. Le ‘stilettate’ di Antonello sono un punto fermo delle mie domeniche. Continueranno a esserlo anche poco più di dieci anni più tardi quando comincerò a frequentarlo come fonte preziosissima del mio lavoro nella redazione sportiva del Nuovo Molise. Quante notizie mi ha dato per telefono o direttamente e quanti calciatori, alcuni grazie a lui futuri atleti di serie A (Pasciullo, Bellomo, Cianci e Tommasino per citarne alcuni), sono passati sui campi delle Acli, da lui gestiti con determinazione e grandi capacità. Di Antonello non scorderò mai le storielle raccolte in su e in giù per lo Stivale, episodi sfiziosi che raccontavano il personaggio. Per me Antonello Toti era sinonimo di professionalità, notizie e grasse risate. Il suo modo di sdrammatizzare anche quando era impegnato nelle iniziative più complicate, che tanto lustro hanno dato alle Acli, società di cui era cuore e anima, è stato un insegnamento incancellabile. Il Trofeo del Corpus Domini è stato e speriamo sarà ancora a lungo, uno dei tornei internazionali di calcio più apprezzati e noti in Italia. Per Antonello parlano pure le mille collaborazioni con personalità illustri e influenti del mondo del calcio italiano. Conosceva tutti e tutti lo conoscevano tra talent scout e dirigenti. Ha dedicato una vita intera agli altri e al pallone. E amava tanto il Campobasso, al punto che è stato sul punto di sposare il progetto Capone, pur sapendo di avere mille divergenze col patron rossoblù. Ma, purtroppo per il presente e il futuro del Campobasso, e purtroppo pure per Capone, quel matrimonio non sarebbe mai stato celebrato, e, a margine della disillusione, sarebbe andato in frantumi quel poco di progettualità che questo Campobasso poteva offrire. Antonello lascia tanti amici, tanti estimatori e mille ragazzi, molti dei quali oggi padri di altri giovanissimi sempre dediti ai suoi insegnamenti di vita e di sport.
Un vuoto immenso e incolmabile come quello lasciato da Piero Ioffredi che, invece, ho incontrato per la prima volta nell’inverno del 1982. In settimana bianca con la sua classe a Campitello Matese, il futuro 'Polpetta’ era già piuttosto vivace. Faceva la terza media, credo. I miei genitori erano suoi insegnanti. Ricordo bene questo ragazzo sorridente, infilato in una ingombrante tuta da sci, animare la serata all’Hotel Lo Sciatore. Anch’io, più piccolo di tre anni, partecipai a una cena con quella classe. Erano tutti seduti, e  ogni tanto si alzava questo ragazzotto, diceva qualcosa, probabilmente una battuta, alla quale gli altri rispondevano con una convinta risata. Era già un capo popolo, un leader, sebbene le sua fama sarebbe maturata diversi anni dopo. Di Piero Ioffredi erano fuori dal comune l’ironia, unita a una enorme capacità di coinvolgere il prossimo, e la creatività. E poi era uno che dava il giusto peso alle ‘questioni del pallone’, basti pensare che, insieme ai miei amici juventini, ho vissuto prima e dopo calciopoli tutte le sfide con l’Inter sempre nel suo locale, proprio perché, benché fosse il covo della tifoseria nerazzurra, ci sentivamo a casa, accolti, se non proprio avvolti, dalla brillantezza di Piero, pronti a concludere la serata con uno sfottò divertente, innaffiato da una pinta doppio malto e condito da una partita a freccette. ‘Polpetta’ era un tifoso, ma anche uno sportivo dentro, un intenditore di calcio, oltre che di musica. Ci mancheranno le incursioni purtroppo ultimamente più rare nella sua ‘incontreria’, le tombolate infinite, le serate a tema, le partite o più semplicemente il suo vocione scimmiottare quello di Shane MacGowan in un pezzo dei Pogues. Senza dimenticare quella sera in cui lo vidi sprintare, armato di bastone, sulle tracce di un altro noto personaggio della Campobasso by night, solitario, tutto tatuaggi, orecchini e dread, il quale, forse, aveva esagerato nell’animare l’atmosfera festosa del pub. Il mondo sportivo e la gente campobassana lo piange e lo rimpiangerà. Con la scomparsa di Antonello Toti e Piero Ioffredi il Molise perde due figure carismatiche e positive. Quasi due artisti di strada, due amanti dello sport o, come forse più di tutti li conoscevano, due fuoriclasse dell’amicizia.

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