SPETTACOLO A tavola con Vincenzo Costantino Cinaski, poeta sotterraneo tra un lupo e uno spinone: 'Un artista che si ripete tradisce se stesso e il pubblico'
di
Maurizio Cavaliere
Prima
ha fatto sognare per un’ora e mezzo i campobassani, dopo di che, come un
vecchio scalatore, ha saggiato le asperità dei vicoli del centro storico. Poi
si è divertito nella tipografia di Gino Palladino dove ha ballato come un piccolo
diavolo al ritmo infernale della nuova, gigantesta stampante e… fatto l’amore
con una macchina foratrice per mezzo della quale ha violato le pagine ancora
intatte del suo taccuino artigianale.
Abbiamo avuto il privilegio di trascorrere diverse ore in compagnia di Vincenzo Costantino Cinaski, artista di secondo (forse terzo) pelo, noto per essere un poeta nel senso viscerale o sotterraneo del termine e per la lunga amicizia con Vinicio Capossela con il quale ha stretto un fortunato sodalizio che ha prodotto emozioni e belle pagine di narrativa counterculture. Lo abbiamo incontrato a poche ore dalla partenza per la Campania dove proseguirà il piccolo tour promozionale del summenzionato taccuino dal titolo “Non sembra neanche dicembre” edito da ‘round midnight.
Abbiamo avuto il privilegio di trascorrere diverse ore in compagnia di Vincenzo Costantino Cinaski, artista di secondo (forse terzo) pelo, noto per essere un poeta nel senso viscerale o sotterraneo del termine e per la lunga amicizia con Vinicio Capossela con il quale ha stretto un fortunato sodalizio che ha prodotto emozioni e belle pagine di narrativa counterculture. Lo abbiamo incontrato a poche ore dalla partenza per la Campania dove proseguirà il piccolo tour promozionale del summenzionato taccuino dal titolo “Non sembra neanche dicembre” edito da ‘round midnight.
Davanti
a un piatto di pasta e ceci, da zia Concetta, ha parlato della performance
campobassana e anche un po’ di sé. Con lui, sul palco e a tavola, il nuovo
compagno di viaggio Mell Morcone, rodato tastierista milanese.
“E’ stata un’ottima due giorni
caratterizzata da una splendida accoglienza e da una bella serata meno convulsa
di quella di tanto tempo fa (metà anni Novanta con Capossela e un po’ di… trambusto, ndr) al Blue Note. Piacevole atmosfera e tanto
pubblico” interviene serafico, cucchiaio in una mano e bicchiere di vino
nell’altra. La musa eterea dell’arte lo ha accarezzato per l’intera durata
della performance, solleticata dal turbinio melodico di Morcone. “Ormai siamo in sintonia” commenta il
tastierista che, un reading dopo l’altro, ha imparato a interpretare anche i
sospiri di Cinaski, le sue pause, i lamenti, il suo vigore di spinone che
percorre gli angusti palcoscenici come fossero immense riserve di caccia.
Lo
spettacolo ha toccato dei picchi di tensione emotiva palpabili, che sono
implosi in melodie struggenti per poi rimbalzare con rinnovata potenza, sotto
forma di ululati dell’anima, sulle pareti dell’Azienda per le Arti dove si è
tenuto spettacolo.
In
ottima forma e stimolato dalle vibrazioni liquide della scena culturale
campobassana, di cui la Palladino Company è fonte inesauribile, Cinaski ha
mostrato parte del suo vasto repertorio di storie tese, ma nel vero senso del
termine, vissute romanticamente, senza retorica, tra brandelli di malinconia
conditi spesso da un delicato umorismo. L’alternarsi di emozioni è stata percepita
dall’audience come un vento piacevole, ma mutevole nella sua direzione, che può
spingerti ovunque.
“E’ bello quando le parole ti
portano via –
interviene – ed è bello soprattutto
stupire. La cosa peggiore che un artista può fare per il suo pubblico è proporre
quello che la gente si aspetta da lui. Vorrebbe dire non essere reali, non
essere se stessi. In questo senso - prosegue Cinaski sfogliando con gli
occhi le pagine del taccuino e pure
la torta a strati di crema e pan di spagna che nel frattempo gli si è parata
davanti - il mio è un Natale vero, non
ipocrita, intimo e mai banale”.
Ascoltandolo
nel pieno dell’opera si ha in effetti l’impressione che quello descritto nel
libricino sia il Natale dei poveri cristi, una festa che non suona di
campanelli ma di lamenti, che evoca i piccoli fantasmi che ognuno di noi
coltiva nel profondo, e che improvvisamente apre squarci di sereno tra i
profumi di una ‘Rosa bianca’ come quella interpretata sulle note e le parole
del duo composto da Sergio Endrigo e José Martì.
Cinaski
urla, anzi ulula nella notte, canta, segue il suo istinto e si trasforma da
amabile spinone in lupo ancora timoroso, scosso emotivamente dal primo appuntamento
con la preda. Accade così che una lettura sul sesso orale impallidisce di
fronte alla naturale bellezza delle sue stesse parole.
Ma
Vincenzo Costantino è anche un gran simpaticone. E quando gli chiediamo del
Molise e dei molisani emerge il suo agrodolce sarcasmo di uomo che ama la vita:
“La vostra poesia è tutta su questa
tavola” dice mentre sorseggia il passito nostrano, liquoroso e perfetto per
salutarci dolcemente come vecchi amici.
Insomma
“sincerità sorridente e lacrime furtive”:
questo è il Cinaski che ci siamo trovati di fronte sul palco e anche per strada
o in trattoria. Lui è un po’ come il suo Natale di un dicembre che rincorre se
stesso senza più trovarsi nemmeno sul calendario. Un artista stabilmente sul
pezzo, vivo, sensibile come il suo palato ben educato che gli permette di
smarcarsi abilmente tra una ‘tracchiula’ e una salsiccia.
Con
lui la piccola casa editrice campobassana, gestita da Domenico Cosentino, ha
messo a segno un bel colpo. Il binomio funziona e potrebbe portare in futuro a
un’altra pubblicazione come il poeta milanese ha lasciato intendere. In fondo,
parliamo di due fenomeni stabilmente attivi nei meandri delle emozioni
quotidiane, smosse per l’occasione dal ripetitivo rituale delle feste. In
questa baraonda di autenticità non c’è tempo di filosofeggiare, c’è solo da
vivere il momento. Alla Cinaski. Quanto basta per augurare a tutti un Natale
non buono, ma vero.
pubblicato il 18.12.2013 su
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=15559
pubblicato il 18.12.2013 su
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=15559
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