CRONACHE Femminicidio, gli assistenti sociali molisani chiedono un posto al tavolo di discussione

di Maurizio Cavaliere        
Passo in avanti e direzione chiara da intraprendere nella lotta al femminicidio. Ma anche un convinto appello alle istituzioni affinché sia riaperto il Centro Ascolto Donna (Cad) di Isernia, mandato in malora dalla penuria di fondi. Gli Assistenti sociali chiedono a voce alta un posto ai tavoli di discussione tra la politica locale e le parti sociali. Vogliono fungere da collante e un po’ anche da garanti per la piena attuazione della legge regionale numero 15 del 10 ottobre 2013, appena pubblicata sul Bollettino, quella che titola ‘Misure di contrasto al fenomeno della violenza di genere’ e che contempla risorse per un totale di 500 mila euro in tre anni.
All’indomani della due-giorni di convegno organizzata nella sala conferenza della Protezione civile a Campobasso, Giuseppina Frate e Antonella Patavino, entrambe nel Consiglio dell’Ordine degli Assistenti sociali, sono soddisfatte per la partecipazione e il risalto dato all’iniziativa, ma temono che, come troppo spesso avviene, archiviata (passateci il termine) la febbre mediatica per l’argomento,gli sforzi profusi finora siano resi vani dalla mancanza di un seguito degno di un tema che, soltanto negli ultimi tempi, ha mobilitato amministrazioni, cittadini e associazioni in tutta Italia. Appena due settimane fa la deposizione al cimitero di Campobasso di 124 rose bianche composte in una corona, in ricordo delle vittime del femminicidio, cerimonia indetta volutamente nello stesso giorno dei funerali a Milano della testimone di giustizia Lea Garofalo, vittima della ‘ndrangheta. Senza dimenticare le tante altre manifestazioni organizzate nel resto d’Italia dall’inizio dell’anno. I media hanno coperto in maniera completa le iniziative realizzate, ma cosa sarà di tutte le parole spese e le lacrime versate negli ultimi giorni? Verrà adeguatamente contestualizzato il processo di attuazione del testo di legge? E, soprattutto, gli addetti ai lavori avranno modo e tempi per farsi sentire? Con le due consigliere dell’Ordine partiamo da lontano.

Perché un convegno sul femminicidio rivolto agli assistenti sociali? «Può sembrare banale ma abbiamo avvertito la necessità di interrogarci su un fenomeno che ci riguarda come professione. Il dibattito pubblico ha sollevato alcuni interrogativi circa la delimitazione quanti-qualitativa, gli aspetti sociologici, giuridici, criminologici, antropologici e statistici del femminicidio. Ci troviamo di fronte a un fenomeno in via di definizione – spiegano - Abbiamo quindi cercato il contributo degli esperti, accademici e non, per un confronto sulla possibilità di definire un fenomeno complesso, rappresentato come problema emergenziale ma che in realtà è un fenomeno endemico, strutturale e pertanto, più spesso ridimensionato dai media o attraverso commenti superficiali».

Da qui la necessità «di ribaltare la dialettica sui dati, l’urgenza di avere dati disaggregati per genere, e individuare, rafforzare e rendere attuabili le buone pratiche già sperimentate, la necessità di comprendere che la legislazione, specie in un’ottica emergenziale, non può aiutare nella soluzione del problema, se lo stesso è organico e se non si comprende la necessità di rafforzare il valore aggiunto di chi opera nel settore». Si evidenzia dunque l’insidia sempre viva di un coordinamento non sufficientemente ampio, che deriva anche dall’incertezza nel delimitare, se non proprio definire, il fenomeno.  «C’è confusione anche sulla terminologia – interviene Giuseppina Frate - L’avvocato penalista Barbara Spinelli, esperta di femminicidio intervenuta al convegno, ha fornito la chiarificazione essenziale: il termine femmicidio indica gli omicidi della donna in quanto donna, quindi gli omicidi basati sul genere, quindi donne uccise dai partner o ex partner, ma anche donne uccise dai padri perché rifiutano un matrimonio combinato o di vestire con gli abiti tradizionali, donne uccise perché lesbiche o prostitute e sfruttate ammazzate dai clienti. Il termine femminicidio indica invece un problema strutturale che riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere che sono in grado di annullare la donna nella sua identità e libertà, non solo fisicamente ma anche nella dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica».

Come uno specchio multiforme, il seminario ha riflesso sui circa duecento partecipanti le differenti sfaccettature del fenomeno.  Di spessore tutti gli interventi cominciando da quello di Stefano Ciccone di ‘Maschile Plurale’ associazione nazionale, proseguendo con Oria Gargano presidente di Be Free, cooperativa sociale contro la tratta, la violenza e le discriminazioni. Sono inoltre intervenuti Monica Lanfranco, giornalista e scrittrice, Claudio Magnabosco e Isoke Aikpitaniy del Progetto la ragazza di Benin City. Tra le diverse relazioni crediamo sia possibile tracciare un comune filo rosso individuabile nella necessità di sviluppare una riflessione critica da parte delle donne ma anche e soprattutto degli uomini sui modelli dominanti delle relazioni di genere. Narrazioni convenzionali che sono riuscite a bucare il passaggio d’epoca avvenuto alla fine degli anni sessanta trasformandosi e adattandosi all’attuale contesto sociale, culturale, politico ed economico. Una riflessione critica necessaria per adeguarsi ai giorni nostri, dunque necessaria per la fondazione di un nuovo sistema di welfare che prescinda dai ruoli imposti e concepisca il superamento di stereotipi come ad esempio la virilità, il sesso e il potere».

Studiare il fenomeno alla base e applicarne gli schemi di riferimento alle situazioni di fatto. Ecco spiegata la necessità di dare voce agli operatori dei servizi dedicati, protagonisti attivi di questo cambiamento: il gruppo antiviolenza del Consultorio di Campobasso, il Vatma di Termoli, il Cepam Cad di Isernia.  «Sì - replicano Patavino e Frate -  Supportiamo gli operatori del Cad di Isernia nella loro battaglia per la riapertura del centro, confortati anche dall’emanazione della legge regionale 15 del 2013, di cui abbiamo discusso con l’avvocato Barbara Spinelli, confrontandoci anche con il consigliere regionale delegato alla Cultura, Nico Ioffredi. Si tratta di una legge innovativa – concludono - che rispetta pienamente i principi della Convenzione di Istanbul e prevede un fondo specifico per i centri antiviolenza molisani». Informazione, formazione e prevenzione a livello regionale faranno il resto. L’articolo 17 della legge 15 parla di un impegno da confermare di 100mila euro per l’esercizio in corso, 200mila per l’esercizio 2014 e altrettanto per il 2015. Se ne riparlerà insomma tra qualche mese quando saranno più chiare anche le modalità di intervento per arginare questo drammatico fenomeno sociale.
 
Pubblicato il 02/11/2013 su

 

 

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