La 'nostra' transumanza omaggiata nella storia: arte, simboli e profonda riconoscenza

di Maurizio Cavaliere

Dipinti, canzoni, poesie, addirittura film e intere opere letterarie: la transumanza nell’arte è più di una suggestione, é parte dell’identità culturale degli ultimi secoli.
L'ascesa della civiltà transumante nell'immaginario artistico, anche in quello delle arti visive, troverà nuovo vigore nel nuovo anno, il 2020, l'anno zero della transumanza patrimonio immateriale dell'umanità Unesco, l'anno del riscatto, si spera, di un piccolo angolo di paradiso terreno.

La famiglia Colantuono, depositaria del tramando (passateci l'espressione) di questo antichissimo rito agropastorale, è stata negli anni ricoperta di omaggi da parte di artisti, artigiani o semplici appassionati che hanno voluto sottolineare in maniera simbolica l'impegno di Carmelina e dei suoi fratelli e cugini. Quadri, arazzi, piatti in ceramica, bastoni, enormi campanacci, sculture, antiche stadere, sacche, teli, pergamene, monumenti pure (nelle due foto alcuni di questi oggetti tenuti nel caseificio artigianale dei Colantuono).

Ma la transumanza era ben nota tra intellettuali e artisti già nei secoli passati. Le citazioni più note arrivano dal Centro Sud Italia, dove s’incrociano i tratturi, cioè le vecchie autostrade verdi ben conservate, soprattutto in Abruzzo e Molise (60 per cento ancora intatti), Puglia e Basilicata.

Quella per eccellenza, la più nota, è del Vate, Gabriele D’Annunzio il quale, nella raccolta Alcyone del 1903, dedica un’ode ai pastori e al tempo stesso alla transumanza e all’autunno:….E vanno pel tratturo antico al piano, / quasi per un erbal fiume silente, / su le vestigia degli antichi padri” si legge nel cuore di questa lirica che toglie il fiato per quanto riesce a farti immedesimare nel contesto, quasi un ansimare, fieri, dietro alle greggi.

Di grande presa sono pure i contributi di altri due celebri scrittori del Novecento: Secondo Tranquilli al secolo Ignazio Silone e Francesco Iovine. Abruzzese come D’Annunzio il primo,  molisano di Guardialfiera il secondo. Sono i due letterati che meglio di chiunque altro hanno raccontato le vicende della gente semplice dei vecchi borghi collinari, quei paesini in cui la transumanza era un grosso pezzo di civiltà. ‘Fontamara’ e ‘Signora Ava’ meravigliosi affreschi del microcosmo contadino tra fine Ottocento e metà Novecento, lambiscono le alture attraversate dai pastori della transumanza. Nel caso di Iovine, la nipote scrittrice, Ilaria, ha deciso di trasporre su pellicola le sensazioni del passaggio su quei luoghi, riprendendo alcuni articoli giornalistici inediti dello zio. Il documentario, realizzato insieme con il regista Roberto Mariotti, s'intitola “C’era una volta la terra”. I due autori hanno ripercorso il Molise di cui parla Iovine, voce narrante Neri Marcoré. Un lavoro meticoloso, penetrante, che abbiamo visto per la prima volta a MoliseCinema, il Festival di Casacalenda.

Non solo letteratura, dunque. C’è anche il giornalismo nell’alveo culturale da cui attingere per rinforzare le conoscenze in materia. Giornalismo che ha vissuto un’altra pagina esemplare negli scritti di un altro molisano: l’isernino Franco Ciampitti, autore di una delle opere più complete sulla transumanza.

S’intitola “Il tratturo” ed è il ‘must have’ dei cultori del genere. Con Ciampitti s'indaga una porzione d’identità storica del Sannio Pentro, qualcosa di fermo nelle abitudini e nei comportamenti dei pastori, un’avventura fondata su canoni comportamentali imprescindibili, precisi come dogmi, non una mera forma di sussistenza, al punto che il nostro scrive: “Ubbidienza. La legge antica non consente deroghe e la piccola gerarchia dei poteri ha il suo prestigio e la sua forza in quell’accettare, senza discutere, l’ordine“. La disciplina è il credo della carovana, dal pastore al buttero, dal mandriano al turista che decide di aggregarsi.

E poi ci sono le arti visive e la musica, che non è solo quella dei canti popolari. 

L’arte pittorica ha indagato il fenomeno con trasporto e sensibilità. La tela che vediamo è ‘Cowboys and herds in the Maremma’ di Giovanni Fattori. Una scena del passato che può ben essere accostata alla transumanza dei Colantuono così come è oggi.
E' anche per questo che la famiglia originaria di Frosolone riesce a conquistare sempre più gente nel mondo. E sempre più artisti o artigiani. L'ultimo dono in ordine di tempo (foto in apertura) è arrivato da Torella del Sannio, uno dei paesi della transunanza molisana. Una mucca in legno, plasmata dalle mani di tre artigiani locali, è solo l'ultima delle opere donate ai Colantuono. Qualcosa di tangibile per decretare anche in ambito locale il riconoscimento dell'Unesco che premia invece la transumanza come elemento immateriale. 
Tra passato e presente, tra arte e artigianato, cultura e genuinità, era necessario riaffermare il concetto: la transumanza non è solo una tecnica di allevamento, e neanche una filosofia di vita, sebbene l'articolazione cadenzata e libera del fenomeno sia comprensibilmente associata ai più bei cammini dello spirito, del corpo e della persona. La transumanza è attivismo costante, sensibilità tangibile, operosità del territorio, coesione sociale, richiamo alla cultura, forza evocativa, respiro, è senso del tempo e dello spazio, in un’unica parola, è vita.
Chi sarà il prossimo interprete di questo meraviglioso manifesto di armonia tra uomo, animale, storia e ambiente?

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