Bullizzato in Molise, creativo a Londra, la rivincita di Gianco

di Maurizio Cavaliere Estroso come tutti i creativi, ma pure estroverso, simpatico, affabile. Giuseppe Iaciofano è un fashion designer molisano di 31 anni: uno dei tanti emigrati per lavoro, uno dei tanti che sono stati respinti dalla terra madre, non dalla famiglia, che ama, ma da un ambiente asfittico, non in grado assecondarne la crescita come uomo e come potenziale sostenitore della causa di una regione che esiste, anzi pulsa spesso nelle pieghe del suo provincialismo. Fino al termine delle superiori, Giuseppe ha vissuto nel suo borgo nascosto a metà strada fra il Matese e la Montagnola di Frosolone, il paese dei profumieri che hanno fatto fortuna a Roma: Sant’Elena Sannita. La sua è una storia nuda e cruda, limpida come un ruscello che ha soltanto voglia di arrivare al mare. Ve la testimoniamo in questa video intervista che nasce da un incontro casuale, mentre il suo è stato un percorso segnato dalla volontà, dalle barriere superate, una alla volta, fino all’arrivo a Londra dove ha creato un suo marchio di moda che si chiama ‘Gianco Handmade’. “Ho avuto sempre l’esigenza di essere me stesso – dice – Dall’età di 15 anni ho accettato quello che ho sempre saputo. Essere gay in Molise, nel piccolo Molise, è una iattura. Sono stato bullizzato ovunque per il mio modo di essere, sia qui in regione, sia successivamente a Roma. Venni accoltellato alla mano, pure. E’ stato doloroso, difficile. “Prima di lavorare nella moda sono stato un ballerino – prosegue – Ho frequentato due scuole, una a Campobasso, l’altra a Isernia dove ho fatto anche le superiori, al liceo artistico ‘Manuppella’. “Il sogno era quello di aprire un’attività per conto mio. L’ho fatto in Inghilterra e ne sono felice. Londra mi ha dato questa possibilità, così ho sviluppato un brand che mi rappresenta: è il mio modo congenito di aiutare l’essere umano ad esprimere se stesso. “No – spiega meglio – in Molise non potevo farcela, per via della visione rigida sul modo di vestire e di fare, che c’è a queste latitudini. Sono andato via per conoscermi meglio, solo in questo modo si può essere ciò che effettivamente si è”. Passione e forza d’animo: dalla danza alla moda, Giuseppe ha ballato da solo. “Ho intercettato i miei desideri professionali – dice – con i progetti scuola-lavoro realizzati a scuola. Poi mi sono trasferito a Milano dove ho visto la Fashion week (la settimana della moda che ha reso unica Milano dal 1958 ndr). Lì è scoccata la scintilla, ho visto la gente che si vestiva in modo stravagante, così ho fatto anch’io. Ho frequentato i locali notturni, seguito un percorso da drag queen. Diciamo che il mondo della moda mi ha aperto gli occhi. Oggi sento il bisogno di dire che non bisogna mai nascondersi, anzi, occorre essere sinceri con se stessi e con gli altri. Per questo si scappa nelle città grandi dove non è che il problema delle discriminazioni non ci sia, però le persone non ti guardano e non ti giudicano”. Del suo viaggio a New York dice: “Ci sono andato per una vacanza e invece ho trovato lavoro. Una serie di esperienze importanti per me, quella con Victoria’s Secret e poi in un teatro molto importante”. I suoi modelli sono geometrici, partono da un abbigliamento maschile, da lì i ‘tagli’ precisi sul corpo della donna, modellando le sinuosità e camuffando i difetti. Osare e accettarsi: tutto insieme. “Parto dal concetto basico, che è la ricerca, quindi vado a valorizzare i volumi, la storia, i costumi, la tradizione che è una forte influenza”. Non solo aspirazioni e ispirazioni, la vita offre a volte momenti che ti costringono a tirare il freno, e tirare il freno quando sei lanciato può farti sbattere contro un muro. A Londra Giuseppe si è ammalato seriamente. Ha dovuto affrontare un percorso complicato cui, per fortuna, ha fatto seguito la guarigione totale: “Dissi a mamma del male, quando vide che perdevo i capelli. Era Natale, mi pare”. Un percorso vissuto in solitaria, come è un po’ da sempre la sua vita. Poi l’altra mazzata: il Covid e la necessità di trovare un altro lavoro che gli consentisse di recuperare le gravi perdite dovute al calo di commesse, causa pandemia. “Mi sono rimboccato le maniche, come tutti. Ho cercato un lavoro part time, cominciando a pulire le sale e i bagni di un ospedale per tre giorni alla settimana. Poi una persona del dipartimento mi ha offerto un lavoro diverso e sono diventato aiutante ostetrico. Chi se lo sarebbe aspettato” ride “Ed è bellissimo, perché conosci tante persone, le loro storie, le situazioni: è un aspetto vitale per me, perché la moda nasce dagli individui, dal loro mondo, i loro sogni”. Tornare in Molise gli piace, nonostante tutto. “Ho la famiglia e po’ di amici, una in particolare, speciale. E’ di Isernia, si chiama Serena: sempre al mio fianco, qualsiasi decisione viene condivisa. Mi ha accettato subito e partecipa da sempre al mio sogno”. C’è poi la Prof. che diventa amica, che ne accompagna il percorso dai tempi della scuola: “La professoressa Linda Berardi è una persona straordinaria, grande insegnante di storia dell’arte. Siamo rimasti in contatto e mi ha dato l’opportunità di lavorare nella scuola che mi ha formato. Lei mi ha mostrato l’arte, mi ha introdotto a Jackson Pollock, a quelle tecniche pittoriche che in qualche modo sono rimaste nella mia cultura e nel mio stile”. L’anno scorso Giuseppe ha curato un progetto Scuola-lavoro a distanza: “Ho scelto tre ragazzi del ‘Manuppella’ fra tantissimi. Li ho aiutati a dar vita e a capire le loro creazioni, a percepire la figura del creative director, colui che prende tante decisioni e segue la migliore strada da percorrere”. Strada metaforica e reale, tortuosa a volte ma dai panorami spettacolari, come quella che ha condotto Giuseppe a Londra dopo aver vissuto altre tappe formative che ne hanno plasmato la tempra e affinato l’estro. Dal paese dei profumieri alla città cosmopolita per eccellenza. Giuseppe è un ragazzo aperto, determinato, sensibile. E’ nel pieno di un cammino che ha scelto senza voltarsi mai, entusiasta e positivo tra un bivio e l’altro. Oggi è a Roma per un foto shooting, pronto a presentare la nuova collezione delle sue idee lineari, geometriche “Cosa che mi emoziona” dice. Ma in fondo c’è tanta spiritualità nel suo essere, voli alti e atterraggi morbidi, nel mezzo la vita e la moda che sono un circo pieno di attrazioni e di gente vestita in modo differente, eccentrico. Come piace a lui.

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