Ieri incombeva la morte, oggi dal virus si guarisce: l’omologazione dei media da San Giuliano al coronavirus

di Maurizio Cavaliere


Nei giorni tristi del terremoto a San Giuliano di Puglia, mi ritrovai in stanza nella redazione sportiva di Nuovo Molise, dove lavoravo, gli inviati di due importanti quotidiani nazionali. Avevano bisogno del pc e li ospitammo volentieri, come si fa ovunque tra colleghi, di più ancora nelle emergenze. Decisero di scrivere i pezzi insieme, cambiando poco, sequenze invertite più che altro. Alla fine, il primo lesse il suo articolo all'altro. E viceversa, tutto prima di inviare i pezzi alla redazione centrale.
Sono dinamiche che avvengono, un po’ per comodità, un po’ dovute al timore di prendere un buco (cioè di non dare una notizia importante). Succede anche perché nel lavoro si sviluppano anche profonde amicizie. Non c’è niente di male e non funziona sempre così. Tuttavia, in questo modo, le notizie saranno sempre le stesse, avranno maggiore impatto sulla gente (anche per amplificare la psicosi) e non avremo il famoso punto di vista diverso, la testimonianza asettica, senza contagio… La fonte ufficiale prevale, ma prevale pure il conformismo, di chi scrive e di chi legge. In questo senso, sia benedetto internet che però va maneggiato con cura. E’ un mestiere sempre più complicato, non ci sono dubbi.
Con questa premessa, analizzo quello che sta succedendo agli organi d’informazione nelle ultime ore.
Da un momento all'altro, i media italiani più potenti hanno invertito la tendenza: niente numero dei morti nei titoli, la psicosi è più pericolosa del contagio e dal coronavirus (per molti è stato così) si guarisce velocemente. Cioè, ieri la morte incombeva sul mondo, oggi si può guarire, cala lo spred e “Dai, popolo, non esageriamo con la psicosi”.
Dall'alto è arrivato il diktat? Maggiore senso di responsabilità? Non lo so, ma qualcuno ha deciso che non bisogna più seminare il panico. Probabilmente, comincia a essere controproducente anche per i giornali (mio pensiero).
Tutto questo per me significa tre cose: le notizie finora sono state diffuse senza filtro e capacità analitica, ma con l'idea di capitalizzare (click, visualizzazioni, spazi pubblicitari) il più possibile il panico della gente.
Due: l'omologazione continua a rovinare l'informazione. Non ci sono voci fuori dal coro, cioè gente in grado di guardare il lato oscuro della vicenda, di prescindere dalla fonte ufficiale e scavare tra i dubbi.
Tre: i big dell’informazione, come spiegavo prima, si accordano a volte su quello che c’è da dire, da una parte perché potenziano l’effetto della notizia, dall’altra perché è più comodo (non bisogna impegnarsi più di tanto, quanto viene pagato un pezzo di vero approfondimento?), senza dimenticare che in questo modo si limita al massimo il rischio di prendere buchi.
Mi accuseranno forse di non fare il bene della categoria (non è che lo faccia l’Ordine dei Giornalisti) ma penso sia doveroso spiegare certi meccanismi, sempre in base alla mia esperienza, soggettivamente. I grandi giornali hanno il fior fiore dei giornalisti. Ma non basta per acquisire autorevolezza se poi la linea è piatta e la filosofia al risparmio.
Ma c’è di più. La verità non è sempre bianca o nera e a volte non esiste proprio. Né prima con i morti né oggi con le guarigioni lampo. 

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