IL RICORDO Quel giorno a Londra con Tommaso Di Domenico, piacevolmente isolati tra i Kinks e Karl Marx

                                                          di Maurizio Cavaliere

In un giorno triste per la politica molisana e la comunità riccese innanzitutto, mi tornano in mente alcuni piacevoli ricordi di singole ore passate con il Professor Tommaso Di Domenico, scomparso oggi dopo una lunga malattia. Del periodo politico, in Consiglio regionale e in altri ambiti amministrativi, diranno probabilmente altri che lo hanno conosciuto meglio nel corso degli anni.
Io, pensando al recente passato, conservo vive le esperienze di sei/sette anni fa, gli aneddoti, la vivacità intellettuale dell'uomo più che il mestiere del politico. In particolare rivedo la sua generosità e ricordo i consigli, i ‘fogli’  autoprodotti, quasi delle fanzine di cultura, politica e vita quotidiana, che realizzava e pubblicava in giovane età e che lessi con interesse ma senza quella curiosità che mi avrebbe dovuto portare, forse anche nelle attese del Professore, a studiare con il corretto spirito critico anni determinanti per la Democrazia Cristiana e, di conseguenza, per il costituendo Molise. Tuttavia, quando qualche tempo dopo ci fu l’occasione di conoscerci meglio, non ebbi esitazioni.
Eravamo a Londra, in un viaggio organizzato dall’ordine dei giornalisti.  Dicembre 2009. Dividevo con lui la stanza in un albergo del centro finanziario di Canary Wharf. Quasi una settimana insieme, di giorno e di notte. E la compagnia di altri colleghi tra i quali Lino Santillo che, con il Professore, si giocava ogni giorno la palma del più simpatico ed entusiasta. Mi stupì subito il temperamento forte del personaggio e anche l’innata propensione a conoscere fatti, cose e persone. Ma, soprattutto, mi stupivo della curiosità dell’uomo. Enorme, trascinante, a tratti debordante. Un giornalista nato , in questo senso. E un vero compagno di viaggio, pure, con il quale la differenza d’età era impercettibile, contrariamente al suo clamoroso russare notturno. Fu così che l’ultimo giorno, con tutta la mattinata a disposizione per fare i fatti nostri, decidemmo di staccarci dal gruppo. Isolati nell’isola. La maggior parte dei colleghi sarebbe andata in centro per fare acquisti o vedere monumenti. Il Prof. non era eccitato dal programma. Nei suoi occhi vispi, leggevo la domanda che, tuttavia, smorzata dalla cortesia di fondo del suo mite carattere, non avrebbe mai pronunciato, ovvero: “Ma insomma, con più di mezza giornata libera a Londra, ce ne andiamo a fare shopping?”. Capii al volo che Tommaso Di Domenico voleva vedere un po’ di Londra inglese, cosa che fino a quel momento non avevamo fatto, almeno per me e per lui. Trascorremmo una magnifica mattinata nei quartieri alti. Io, fan dei Kinks, maestri nel raccontare vizi e virtù d’oltremanica, ero diretto nei ‘borough’ dove la band era cresciuta e dove Ray Davies aveva preso ispirazione per le sue storielle cantate nel caratteristico, delicato tono da eterno teenager. Pub, casette semidetached, profumo di Sixties in ogni angolo e gente comune: il Prof. fu rapito dall’idea, soprattutto quando gli dissi che nelle vicinanze c’era un sinistro e caratteristico cimitero con croci interrate, e piccoli e grandi monumenti dedicati a illustri personaggi, vecchi e nuovi, della storia politica e civile, tra cui Karl Marx.
Passammo quattro o cinque ore insieme, camminammo per chilometri, parlammo di tutto, di musica, di usi e costumi, di gente semplice che va e che viene. Mai un accenno alla politica, perché lì, sotto il nostro naso, c’era l’odore della vita vera che scorreva, placida, a decine di chilometri dalla caotica e continentale Trafalgar Square. Giunti di fronte al monumento funebre al padre del comunismo, però, si lasciò andare a un paio di considerazioni che mi diedero l’idea di quello che pensava della politica di ieri e di oggi, e non usò parole dolci per quel presente. Come aspre (e molto molto fresche) furono le due mezze pinte a testa che buttammo giù di gusto, prima di rientrare. Quel giorno ci siamo realmente incontrati e guardati negli occhi, credo. Come due amici, coetanei, pieni di voglia di vedere e di conoscere. Io e il Professore, instancabile, nonostante gli anni, le salite di giornata, e le sigarette e la vita assaporate negli anni. Lo ricordo così Tommaso Di Domenico: intelligente, generoso e di grande compagnia. Il resto era e resta politica e, mai come in questa giornata triste, conta meno di niente.

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