STORIE La slow life di Eleonora, fuggita da Roma a Castropignano: 'Ecco la mia nuova, fantastica vita molisana'

di Maurizio Cavaliere
Se il duo Nunziante-Zalone non avesse girato in Molise parte del milionario ‘Sole a Catinelle’ forse non avremmo scritto questo pezzo. Non avremmo cioè ribadito che la più piccola regione del Mezzogiorno è ormai ‘la casa nella prateria’ di gruppi di italiani e stranieri stanchi di città belle ma soffocanti, gente che ha scelto le colline molisane per tornare a respirare.

Vi raccontiamo la storia di una donna che a Roma ha preferito Castropignano. Paradossale, ma è così. Eleonora Serafini è un’ex commerciante in pensione da oltre dieci anni. Vendeva scarpe di lusso a Roma. Spostata, mamma e nonna. Poi, un giorno, tramite la collaboratrice domestica, originaria di Duronia, e Mario Palma, titolare dell’hotel omonimo, arriva la… folgorazione nel cuore del Molise, sulla via di Castropignano.

Siamo andati a trovarla nella sua meravigliosa casa in mattoni, un vecchio stabile che ospitava tre famiglie, risistemato con gusto e inventiva. E impreziosito da una vista che ferma il tempo: da una parte la vallata verso Torella, di un verde innocente di ‘Iovinesca’ memoria, di fronte la maestosità di uno dei castelli più belli e speciali dell’intera regione, il castello d’Evoli. Ci accoglie il suo invitante sorriso, sostenuto da una bella presenza che si incastona precisamente nel piccolo portone d’ingresso, in legno stuccato color turchese e ampia vetrata coperta da tendine artigianali a quadretti, da lei stessa realizzate con scampoli di stoffa riciclata. La parlantina è incisiva e cordiale al tempo stesso.

Da Roma a Castropignano alla soglia dei sessant’anni. Perché?  “L’idea è nata con l’esigenza ben precisa di riempire una casella vuota della mia vita. Non avendo avuto nonni originari di un piccolo paese, non ho potuto sperimentare questo tipo di vita, eccetto che per un breve periodo in cui ho abitato a Ostia dove ho avuto la conferma di quanto può essere bello vivere in una dimensione più vicina al mio modo di essere e di percepire le cose. Sono rimasta stregata da questo paese, dalla sua campagna. E sapete perché? Perché c’è la pace che a Roma non puoi trovare. Semplice. Ci sono dei ritmi insostenibili in città: quando mi trovo imbottigliata nel traffico perdo la pazienza e comincio a imprecare. Vuoi mettere la differenza con questa parte del Molise? L’altra sera sono andata a mangiare a Torella da amici e, quando sono rientrata, ho tento gli abbaglianti sempre accesi. Strada sgombra e tranquilla: li ho spenti quando sono arrivata a casa… Impensabile in una città. Insomma, il fatto che non ci sia gente per me è determinante”.

La signora Eleonora è parte integrante di quel gruppo di italiani, in cui figurano anche lavoratori professionisti, che un po’ per la sfavorevole congiuntura economica, un po’ per la crisi dei valori di base, ha portato a un nuovo fenomeno migratorio. Sono tantissimi quelli che ‘salutano’ le grandi città, riducendo al minimo le ambizioni lavorative, allo scopo di ritrovare se stessi e smaltire ansie spesso insopportabili. E’ un fenomeno in clamorosa espansione. Milano, Torino e Roma le città più abbandonate. La scelta del Molise fa però riflettere…

Va bene il distacco dal caos metropolitano, ma non ha risentito del contraccolpo dovuto all’immobilismo della provincia molisana? “No, qui stiamo parlando di un differente modo di vivere. Io ho quattro nipoti e, quando ho deciso di trasferire la mia vita in Molise, ho pensato al fatto che bisognava far vedere loro che si può vivere anche con altre cose, con meno, tenendo un piccolo orto, imparando l’arte della manualità. E chi te lo insegna in città? Quando li ho portati per la prima volta sono rimasti colpiti anche loro. Entusiasti. Le feste di Natale che trascorriamo qui tutti insieme sono stupende. Siamo seduti davanti al camino, andiamo a letto tardi e ci svegliamo in tutta tranquillità. Viviamo completamente questa diversa dimensione. Per un cittadino metropolitano questo è un paradiso. A volte mi piacerebbe che i miei familiari si trasferissero tutti a Castropignano”.

Per i suoi nipoti però ci sarebbe il problema lavoro. “Certo, ma qui entrano in gioco le responsabilità degli amministratori – riprende, mentre ci accompagna nella tavernetta al pianterreno dove si sviluppano in prevalenza le sue giornate tra letture, arte e partite di burraco - Senza giudicare, faccio solo delle constatazioni elementari: come si fa a tenere un cantiere aperto, quello della Fondovalle del Rivolo, per trent’anni? Qui si continua a puntare sulle fabbriche, ma a me risulta evidente che la ricchezza del Molise è nel suo territorio, nel paesaggio, nella pace, nella vita a misura d’uomo. Perché, per esempio, non fanno un po’ di pubblicità con i paesi del Nord Europa dove in inverno il sole lo vedono col binocolo. Potrebbero venire in Molise per sei mesi l’anno perché gli inverni da queste parti sono una passeggiata rispetto ai loro. Ecco, un po’ di idee e di coraggio, forse manca questo ai molisani. Non a tutti, è chiaro, ma a chi gestisce le risorse, cioè a chi dovrebbe essere in grado di vendere turisticamente il Molise. Ribadisco che il mio è un semplice punto di vista. I consigli si danno quando te li chiedono, io esprimo solo le mie sensazioni e detesto quelli che entrano in un nuovo territorio e cominciano a lamentarsi o a imporre i loro schemi mentali, buoni o cattivi che siano”.

Che idea si è fatta degli uomini, delle donne e dei giovani di questo paese? “I ragazzi hanno poche possibilità, quindi sono spesso costretti ad andare al bar per trascorrere i pomeriggi. Gli uomini e le donne di Castropignano sono tutti molto gentili con me. Lo sono sempre stati. Io preferisco le donne, perché sono sensibili e assai più creative. Sarebbe opportuno che potessero esprimere al meglio la loro personalità…”.

Saprà che il film con Checco Zalone è stato girato in zona. Un grosso spot per il paesaggio del Molise, sebbene il comico pugliese non sia stato tenero con i molisani descrivendo una vecchia zia petrellese come tirchia e inospitale. E’ chiaro che stiamo parlando di un film. Lei, invece cosa dice: siamo accoglienti in Molise oppure no? “Io non ho dubbi: siete fantastici e accoglienti. Ho conosciuto persone splendide, intelligenti, vere. La gente, qui, è felice di ospitarti anche perché un po’ sente e subisce l’isolamento. Io mi trovo benissimo e poi ho questa vista - indica - sul castello d’Evoli che è qualcosa di speciale.

“Conosco tantissimi molisani – prosegue, mentre per concludere la chiacchierata ci spostiamo sulla terrazza piena di sole e profumi   Tutti hanno fatto cose straordinarie fuori dalla regione, sono benvoluti. Li conosco da anni, da quando Mario Palma gestiva un banco in piazza a Roma, proprio davanti al vapoforno di mio marito. Poi, quando anni dopo Mario aprì l’albergo – conclude - ci chiese di venire a dare un’occhiata da queste parti. Ed eccomi qua, in estate con questo tempo splendido e in inverno con la neve, il freddo e il tepore della mia casetta molisana”. Ci fermiamo qui, salutiamo e di ritorno a Campobasso tiriamo le somme.
Quello della signora Eleonora Serafini è un esempio puro, spontaneo come un fungo che cresce nel bosco più inaccessibile, nutrito dalla pioggia che, in questo caso, è la storia dei nostri luoghi così belli, proprio perché lontani dalle tribolazioni metropolitane. Il turismo immobiliare, ma anche colorato degli olandesi di Ripabottoni, che acquistano vecchie abitazioni e le trasformano in ville residenziali o bed & breakfast, è un altro esempio di slow life da importazione, per dirla alla Carlo Petrini. Ma ce ne sono tanti altri, tutti esperimenti che diventano esperienze sullo sfondo di una genuinità che il Molise riesce a offrire nonostante tutto. In fondo, tra una battuta più o meno riuscita e l’altra, anche il film di Zalone non esaspera solo l’oggettiva arretratezza del Molise. Milioni di italiani, in questi giorni, hanno apprezzato al cinema parte del bel paesaggio molisano e, magari, nei prossimi mesi, per curiosità, capiteranno dalle parti di Petrella, Provvidenti, Limosano, e degli altri paesini teatro del set, dove compreranno una casetta e, in estate, assorbiranno una razione supplementare di calore umano, o ‘sole a catinelle’, per affrontare i lunghi inverni a venire. E bloccare, al primo sintomo, la sindrome metropolitana del “Com’era verde la mia valle”.

Pubblicato il 12 novembre 2013 su
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=15260

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