SOCIETA' La Su e giù compie 40 anni. Ecco il percorso che misura l'affezione dei campobassani

di Maurizio Cavaliere 
Lo snodo del centro murattiano, i vichi più belli del vecchio borgo sotto il castello, un tratto di aperta campagna e tanti monumenti, soprattutto Chiese, Piazze e Porte. La ‘Su e giù’ è uno specchio fedele della Campobasso più radicata nel passato. Le migliaia di podisti di giornata che, come da riuscito copione, spilleranno i pettorali per il semplice gusto di una passeggiata all’aria aperta, avranno l’opportunità di riabbracciare la propria città e anche di riscoprirla.

Mai come quest’anno la corsa della Virtus misurerà il grado di affezione dei campobassani verso se stessi. La ‘Su e giù’ è la corsa di tutti, in particolare di quelli che hanno a cuore il patrimonio storico e artistico del capoluogo di regione. L’itinerario è quello di sempre: vario, scenico e, soprattutto, ondulato. Si parte da Piazza Savoia, con i meno interessati alla prestazione cronometrica, sistemati ai piedi del Monumento ai caduti da dove, il sindaco Di Bartolomeo indosserà i panni a lui più adatti di sceriffo della contea, che, pistola alla mano, decreterà lo start della gara. Seguiranno le urla di entusiasmo dei bambini e l’emozione mista ad adrenalina tipica di una vigilia prima della partenza per un lungo viaggio.

Via via, il grande serpentone umano percorrerà corso Vittorio Emanuele II salutando l’indomito Gabriele Pepe che, dal piedistallo di Piazza Prefettura, sguardo alto, cappello e spada in mano, fungerà da tonico visivo per i primi della fila, quelli che, verosimilmente, si contenderanno la vittoria finale. Attraverso Corso Mazzini, Piazza Cesare Battisti e la sua sequoia purtroppo ‘decapitata’ e ormai ridotta a scheletro, via Veneto, corso Umberto e Via Mazzini, podisti e camminatori entreranno per la prima volta nel centro storico. Da via Ferrari subito a destra per via Orefici e poi la prima Porta (Mancina) di accesso al borgo medievale, introdotta dai penetranti odori di carne al sugo dei primi vichi. Sempre più su, verso i monti, si arriva alla seconda Porta (San Paolo), primo break ideale per i meno allenati. Cinquanta metri in piano e poi la discesona di via del Castello che apre il campo al primo affondo degli atleti veri. Attraversata via Garibaldi si procede in direzione via Romano, via Conocchia e via Facchinetti. Qui gli studenti del Liceo Scientifico potranno togliersi lo sfizio di transitare spensierati senza zaino in spalla. La svolta a sinistra riporta per un attimo su via Garibaldi, poi altra virata per il Campo Scuola, un passaggio che da tre anni rappresenta anche il miglior omaggio possibile al grande Nicola Palladino, ideatore della corsa. Giunti su via dell’Acquedotto siamo più o meno a metà gara. E’ in questo tratto che, generalmente, i padri, le madri, i nonni e gli zii con bambini al seguito combattono la loro corsa più dura, cercando di convincere i più piccoli, ovviamente stanchi, che il grosso sia passato. “Dai che tra un po’ c’è il punto ristoro” è la frase che risuona lungo il rettilineo “Vedrai, ci sono tante cosine buone, il tè, il latte e altro” ci provano gli accompagnatori. In effetti il ristoro c’è, ma per i bimbi non è l’oasi annunciata.

Un sorso di tè caldo, un po’ d’acqua ed eccoci al trittico di periferia: via Santa Maria de Foras e la sua quiete pianeggiante, via Selva Piana e via Fossato Cupo con il suo avvallamento effettivamente oscuro a meno che non ci sia il sole delle migliori occasioni. All’incrocio con rione San Vito ti accorgi che lo sbilanciamento tra il su e il giù della corsa è stato nettamente in favore del secondo avverbio… e cominciano i dolori, perché la strada comincia inesorabilmente a salire. Ma da Piazza Venezia a Sant’Antonio Abate hai anche l’immediata sensazione che stia per cominciare il tratto più avvincente e atmosferico della passeggiata. Lambita la chiesa di Sant’Antonio Abate, che, all’interno, è probabilmente la più bella della città con il suo barocco tutto legno, intarsi e rivestimenti d’oro zecchino, si varca l’omonima Porta di accesso dal basso al centro storico. Si sale e si sale ancora. A questo punto, lo sforzo, almeno per i più grandi, è alleviato dalla spettacolare vista in serie di: piazza dell’Olmo con il suo scorcio mozzafiato, via Pennino e i suoi… scaloni e via Chiarizia con la sua discreta solennità, fino a Largo San Leonardo, fantastico come sempre, soprattutto quando non ci sono auto! Imboccata via Cannavina, il saliscendi è quasi finito, ma continuano le meraviglie. Ce ne sono almeno altre tre nell’ultimo mezzo chilometro di percorso. In serie: Fondaco della Farina, un tempo chiassoso punto di confluenza dei cereali e della farina prodotta dai tanti mulini attivi intorno alla città, Santa Maria della Croce, Chiesa quasi invisibile ma importantissima, perché indissolubilmente legata alla vicenda dei Crociati (che per alcuni la edificarono) e alla tradizione religiosa del Venerdì Santo (è qui che riposa il Cristo morto portato in processione). Infine Piazzetta Palombo, originariamente Piazza dei Commestibili, sede di botteghe artigianali (a giorni ne apriranno altre quattro). Varcato il cancello di questo mercatino fiabesco, che si trova alle spalle della Cattedrale, la passeggiata di 7,950 chilometri può ritenersi conclusa. Manca solo la sfilata lungo Corso Vittorio Emanuele, percorso in senso inverso rispetto alla partenza. Qui la fatica lascia campo libero al folklore dei partecipanti, felici di tagliare il traguardo con i loro sorrisi, gli animali al seguito alcuni e, altri, i loro bambini che stavolta gradiranno i meritati premi finali: gli applausi dei curiosi sistemati lungo la strada, l’ambita medaglia della Virtus e un ristoro che, a sforzo concluso, può essere finalmente degno di questo nome.

Pubblicato il 9 novembre 2013 su
http://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=15257

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